Relazione introduttiva Verbania


Passaggio a Nord Ovest – 27 ottobre 2018

Quando abbiamo deciso con gli amici del “Gruppo di Verbania” di dare a questo nostro incontro il titolo di “Passaggio a Nord Ovest” lo abbiamo fatto pensando a come questi territori  sono storicamente  la via di collegamento ed il retroterra logistico per chiunque  abbia un orizzonte europeo ed una volontà di non richiudersi nelle mura della propria città e del proprio presente, cercando rassicurazione e speranza in un futuro di movimento e non in un passato di statico rimpianto.

Questa vocazione, questa storia e cultura di queste terre è ben rappresentata simbolicamente dalla manifestazione che più ha influenzato il dibattito politico ed economico, l’ Expo di Milano, così come era avvenuto un secolo fa con Expo Milano  1906. All’inizio del Novecento Expo  apriva  l’era dei trafori celebrando l’impresa economica e sociale  del Sempione ; poco più di cento anni dopo l’Expo  ambrosiana ha potuto fregiarsi di quasi tutti i record pensabili e rilanciare uno spirito di grande internazionalismo e comprensione fra popoli diversi anche perché si è svolta al centro di una delle aree economicamente più avanzate ma soprattutto meglio collegate del mondo, come effetto straordinariamente positivo delle scelte infrastrutturali del passato.

Il sito stesso dell’esposizione  è stato uno dei punti di forza della manifestazione proprio grazie ai collegamenti Tav e metropolitani che hanno reso tangibilmente l’area che va da Torino e Genova alle città lombarde  una unica grande area metropolitana all’interno della quale  ci si muove con agio che ha sorpreso tutti e che adesso, con il progetto Arexpo – Mind, renderà possibile la nascita di uno dei più importanti centri di ricerca scientifica di questo secolo.

Da figli di una cultura anche cinematografica, il riferimento al film capolavoro di King Vidor non è casuale : il “Passaggio a Nord Ovest “, il cammino verso l’Europa di cui ci sentiamo parte e che vogliamo rilanciare anche in questa occasione ha le caratteristiche di un viaggio ideale che si potrà dire riuscito quando tutta  la Carovana e non solo i carri di testa, saranno giunti alla meta.

Nell’oggi che viviamo però  manca il protagonista, lo Spencer Tracy che indichi la strada della ricerca del passaggio verso il territorio promesso ed i componenti della carovana sembrano non credere più nella possibilità e perfino nella bontà della missione affidata, gridano che è meglio tornare a casa e che è possibile ignorare l’esistenza di un oltre noi stessi, che difendere dagli invasori la propria casa è meglio che cercare nuovi orizzonti  in terre che sono popolate da amici che tanto amici non sono o non si dimostrano tali. Quello che oggi manca – ed è la ragione fondamentale per la quale abbiamo iniziato questa ricerca – è una politica, una classe politica che si candidi a guidare questo cruciale passaggio della nostra storia.

Le tradizioni politiche democratiche, quella liberaldemocratica come quella socialdemocratica, stanno vivendo con sconcerto la disillusione di non essere affatto i protagonisti unici  della politica europea e mondiale, come pensavano sarebbe avvenuto con la fine degli antagonisti del Novecento, il fascismo ed il comunismo, indulgendo così  a pratiche di governo dirigiste e centraliste e trascurando tanto le articolazioni sociali, che non sono affatto scomparse, tanto quelle territoriali.  E’ quello che stiamo vivendo da alcuni anni in Italia, essendo paradossalmente per una volta in sintonia con i trend mondiali , dall’America di Trump alla Russia di Putin.

Quando si è in una situazione di crisi politica come quella che stiamo vivendo  è buona norma tornare ai  fondamentali, ai principi-base  di qualsiasi mestiere quale anche la politica è . Chi si candida a guidare il passaggio di questa area politica, che non è scomparsa ma non trova adeguata rappresentanza , deve ridiscutere, ritrovare ed esplicitare  proprio gli elementi base di una proposta adeguata al tempo che viviamo : la chiarezza degli obiettivi, gli strumenti per raggiungerli, il suo popolo di riferimento.

Con la necessaria modestia, quello di cui discutiamo oggi è l’obiettivo politico che indichiamo in  una Europa solidale,  in linea con l’ esperienza della socialdemocrazia che, come ci ricorda il prof Cacciari, non ha affatto fallito ma, al contrario, costruendo il modello di welfare quale abbiamo conosciuto ha realizzato i suoi obiettivi principali .

Continuità politico culturale  vuol dire però innanzitutto aggiornamento degli obiettivi e, soprattutto, innovazione senza abiure o conservatorismi senza tempo. Il nostro modello  non è il liberismo anglosassone che ha spesso prevalso nelle stanze di Bruxelles né tantomeno le  democrature  russo-cinesi cui improvvidamente qualcuno dice di ispirarsi durante qualche viaggio “istituzionale” trasformato in scampagnata con gli amici del bar cui da troppo tempo  molti esponenti politici della cosiddetta “Seconda Repubblica” ci hanno abituato.

Il messaggio politico  che si vuole emerga  è quello di una Europa federale che nasca dai territori e non dagli Stati. Si deve trattare di una proposta concreta che unisca le scelte simboliche e di “sogno politico” ( elezione diretta, governo-commissione espressione del Parlamento e non dei Governi, prospettiva di unità politica federale in tempi non lunghi) a precise scelte programmatiche sulle questioni e le opzioni che devono costituire l’Europa della città e dei territori alternativa a quella delle “troike” finanziarie:  i due temi in discussione oggi, Logistica e Competitività dei territori, sono quelli che il “Gruppo di Verbania” ha individuato come prioritari .

  • Logistica e trasporti sono il “core business” del Nord Ovest ( “fa più Freccia Rossa che una riforma enti locali” – cito  Piero Bassetti) . In Lombardia c’è il 25% del settore, nel Nord Ovest arriviamo vicini al 40% italiano. Il peso del settore logistica sul Pil italiano è il 13 % in crescita.

Non più solo commercio : Europa è una gigantesca fabbrica policentrica ed i magazzini sono stati sostituiti dal real  time su gomma e ferro.

La sfida è “riaprire le strade dell’Impero Romano “ non chiudere confini fisici o virtuali: una recente ricerca dell’Università di Copenhagen  guidata dal prof.  Dalgaard  ha stabilito infatti  che «c’è maggiore attività economica in luoghi con maggiore densità di strade romane». C’è insomma una «persistenza» dell’investimento di duemila anni fa. «La persistenza negli investimenti infrastrutturali è una fonte potenziale di persistenza nello sviluppo comparativo», sostiene Dalgaard. E «la densità di strade romane si è rivelata essere un forte previsore dell’attività economica contemporanea».

Tav, Terzo valico, infrastrutture ferroviarie e viabilistiche, reti di telecomunicazione a banda larga e ultralarga sono l’apparato circolatorio, mentre merci, persone e informazioni sono il sangue della società post capitalistica. Occuparsi dei collegamenti di Vado Ligure, Genova, Chiomonte, Rivalta,  Domodossola è come verificare lo stato di salute delle nostre arterie. Se si chiudono, moriremo, morirà la nostra civiltà : DOBBIAMO DIRLO CON CHIAREZZA.

  • L’altro corno della nostra politica è l’ambiente. Non solo tutela della salute, ma competitività ed attrattività derivante da possibilità di lavoro e produzione, qualità della vita dipendono dalla situazione del territorio.

Curare ambiente e città nell’era post industriale è assolutamente decisivo, a Genova come a Taranto, ma anche Dusseldorf o Lille. Per questo i sindaci sono in prima linea

  • L’area metropolitana con funzione di perno  è l’asset  fondamentale di sviluppo del Nord Ovest ed è la locomotiva – unica – in grado di tenere agganciato il treno italiano all’Europa.

Se Milano non può fare a meno del suo “contado” che oggi ha  una dimensione sovraregionale , l’Italia intera senza il brand, la reputation, la spinta, il lavoro di Milano si fermerà sui contrafforti delle Alpi. Ad aspettare l’arrivo di un Annibale?

  • La caduta del pendolo sul sindaco di Genova come commissario per il ponte e il decollo/azzardo della candidatura  olimpica lombardo/veneto in autonomia politica, gestionale e finanziaria sono due segnali che vanno nella direzione di un difficile, non privo di contraddizioni  ma inevitabile passaggio dalla rivendicazione di una autonomia “ottriata” alla pratica di una autonomia di totale responsabilità   da parte della comunità del Nord Italia.

E’ ormai opinione comune che sia necessaria la nascita di  un nuovo schieramento che si muova in netta discontinuità sia con lo schema del partito  a vocazione maggioritaria, sulla cui estinzione nessuno ha dubbi, sia con quello che vede una  forza principale attorno alla quale si collezionano liste civiche o maggiormente caratterizzate in senso identitario. E questa notazione vale, non tanto casualmente, per entrambi gli schieramenti del bipartitismo di fatto della Seconda Repubblica, entrambi sconfitti e definitivamente archiviati dal voto del 4 marzo.

Il contributo più importante che la galassia di liste ed amministratori civici deve portare è relativo alla proposta  politica.  La nostra ambizione è quello di proporre una politica all’intero centrosinistra ed al contempo favorire l’ingresso e la militanza di un nuovo personale che non passa e non vuole passare più dal canale del partito . L’esperienza di Milano, di Brescia e di molte realtà minori del Nord Ovest e, di recente, in negativo quello del Trentino, dimostrano che già oggi questo schema è l’unico in grado di competere sia con il vecchio centrodestra che con l’alleanza populista.

E per farlo, per essere competitivi, non si può pensare a qualcosa che prescinda dall’esercizio del dovere civico della partecipazione attiva da parte di tutti i cittadini . Se i partiti e le forme tradizionali della politica non attraggono più, non può dirsi lo stesso di altre attività e settori altrettanto importanti per la formazione di una coscienza civile di un popolo : il grande mondo del volontariato, mai così vivo, attivo e numeroso; lo sviluppo a crescita esponenziale di iniziative culturali e di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del territorio; le attività di accoglienza turistica e sociale, che vedono un numero sempre maggiore di addetti di settore, ma soprattutto un crescente coinvolgimento delle comunità, che si fanno ad un tempo custodi e promotori del patrimonio ultramillennario che costituisce la vera base e l’essenza stessa del cosiddetto “made in Italy”.

Non possiamo iniziare i lavori di questa giornata a Verbania senza ricordare come una settimana fa si sia svolto un referendum per il passaggio dal Piemonte alla Lombardia del Verbano Cusio Ossola, referendum che come è noto non ha raggiunto il quorum richiesto. Senza entrare nella valutazione specifica dell’oggetto (in concreto una variazione più amministrativa che istituzionale) non possiamo non valutare come il referendum abbia tratto ragion d’essere nella forte volontà di partecipazione e protagonismo del territorio. Se un diverso posizionamento all’interno di un assetto istituzionale regionale che è in sé largamente discutibile non poteva essere risolutivo e forse sarebbe stato addirittura fonte di ulteriori problemi più che di soluzioni, gli oltre trentamila votanti sono un segnale di un malessere e comunque dell’esistenza di problemi di identità e di missione di questo territorio che devono essere affrontati: nella tavola rotonda di questo pomeriggio parleremo certamente anche di questo.

Il ritorno alla politica, all’impegno diretto è un dovere che i movimenti civici sentono e ne costituisce anzi la ragion d’essere: il passo in avanti che deve essere fatto oggi è l’estensione ed il ritorno di questa etica dei diritti e dei doveri a tutta la politica per costituirne modello per il futuro che abbiamo già di fronte.

 

 


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